La maestra Anna - Il Blog di Martola
Prima regola della maestra Anna alle elementari: qualsiasi opinione tu abbia sarebbe meglio supportarla con dei fatti e dire “perché è così, perché lo dico io, perché sì”, non vale.
Da una parte è stata una grande cosa, un grande insegnamento, perché qualsiasi cosa che vorrei dire la cerco, mi informo e così facendo studio e imparo un sacco di cose ogni volta; dall’altra parte, ai tempi non c’era internet quindi ancora oggi faccio incubi ricorrenti di me in biblioteca persa tra i libri giganteschi.
Mi ricordo ancora quando mi diede un gravemente insufficiente in storia, in un compito sull’Impero Romano. Avevo studiato.
E poi la storia mi è sempre piaciuta.
Quel giorno consegnai prima di tutti, volevo fare la figa e la mia priorità era stupire, tralasciando quindi la cura nelle risposte e per i dettagli. Insomma, scrissi quattro cazzate frettolose e superficiali.
Me lo corresse subito – forse mi stava ripagando con la stessa medaglia? – e nel giro di dieci minuti valutò il mio compito come gravemente insufficiente. Così, lapidaria. Nessun ripensamento, nessuna titubanza. Mi chiamò alla cattedra, mentre tutti stavano ancora facendo il compito, mi riconsegnò il quaderno, mi fissò e mi disse che erano pensieri di una bambina delle elementari.
In effetti ero una bambina delle elementari, fatto sta che mentre gli altri miei compagni si divertivano con l’intervallo e la merenda io restai al mio banco con gli occhi lucidi a cercare di fare qualcosa che – a differenza di prima – non desse nell’occhio.
Piansi per tipo tre giorni a singhiozzo e mi sentivo umiliata come un elettore di sinistra ieri.
Col senno di poi ho capito che quel “come una bambina delle elementari” in realtà mi servì. Ma lo capii anni dopo. Forse oggi.
Era una cosa del tipo non farti vedere se quello che hai da mostrare effettivamente vale poco, ma prenditi il tempo sufficiente per farlo essere qualcosa che vale la pena sentire/ascoltare/vedere. Curalo insomma, sviluppalo. Dagli un peso, non essere superficiale e se non sei ancora pronta, taci. Studia. E poi parla.
Non so, magari era solo nervosa quel giorno e si è spazientita di fronte ad una bambina che voleva fare un po’ la presuntuosa o solo bisognosa di attenzioni e di essere notata, il mio era davvero un pensiero delle elementari e non voleva davvero insegnarmi un cazzo, ma invece sono sicura di sì perché il pensiero critico che ci stimolava ogni giorno mi è tornato molto più utile del senso di colpa per l’Impero Romano clamorosamente sbagliato in un compito delle elementari.
Grazie a lei, al suo parlarci in inglese ogni giorno anche se era fuori programma e il suo stimolo concreto a trovare le fonti, a far ricerca, a non accontentarci di quello che ci viene detto/riportato, mi ha fatto per anni studiare per diventare giornalista.
Un po’ per difendere l’amore per la verità, intesa non come assoluta ma come reale, documentabile, dimostrabile e riconoscibile.
Un po’ perché fare come lei, riportare dei fatti senza esprimere opinioni ma fornendo agli altri degli strumenti e degli spunti di riflessione, mi ha sempre affascinata.
Ecco. Non mi fido di chi dice “è così perché lo dico io”, ma rispetto chi mi spiega perché la pensa diversamente da me.
Alla maestra Anna ho voluto e voglio davvero un sacco di bene.